PRATICHE SLEALI NELLA FILIERA AGROALIMENTARE: NORME APPROVATE
E’ ormai all’orizzonte una nuova normativa europea contro le pratiche commerciali sleali (UTPs) nella filiera agroalimentare. Nel corso delle negoziazioni inter-istituzionali in merito alla proposta di Direttiva della Commissione Europea, il Parlamento Europeo ha infatti ottenuto un numero significativo di modifiche al testo, che migliorano considerevolmente la protezione degli agricoltori e delle piccole, medie e medio-grandi imprese agro-alimentari. Ad annunciarlo è Paolo De Castro, Vice presidente della Commissione Agricoltura e relatore del rapporto sulla proposta dell’Esecutivo UE. Per il via libera definitivo, ora manca solo l’ok formale di Parlamento e Consiglio.
LA NUOVA DIRETTIVA CONTRO LE PRATICHE SLEALI - Per garantire una protezione rafforzata ai fornitori, così come per le micro, piccole, medie e medio-grandi imprese, viene introdotto un approccio dinamico che espande notevolmente il numero di acquirenti vincolati dalla Direttiva. Si tratta di uno dei cambiamenti più significativi. La proposta della Commissione prevedeva infatti una protezione verso i soli acquirenti con fatturati superiori ai 50 milioni di euro. L’approccio dinamico, invece, suddivide tutti gli operatori nelle in 6 categorie di fatturato (da 0 a 2 milioni, da 2 a 10 milioni, da 10 a 50 milioni, da 50 a 150 milioni, da 150 a 350 milioni, da 350 milioni in poi): ogni fornitore sarà protetto nel caso in cui il proprio acquirente rientri in una classe di fatturato superiore. Questo risultato aumenta quindi di 7 volte la proposta iniziale della Commissione europea che fissava il limite massimo per la protezione dei fornitori a 50 milioni di fatturato.
DA 8 A 16 PRATICHE VIETATE - Viene aumentato in modo significativo il numero di pratiche sleali, con 8 ulteriori pratiche (6 sempre vietate e due cosiddette grigie) rispetto alle 8 iniziali proposte dalla Commissione. Queste sono:
EQUITÀ E CONFIDENZIALITÀ - L’accordo migliora anche l’equità a livello globale. Oltre all’inclusione di fornitori stranieri, sono ora coperti anche gli acquirenti residenti in Paesi terzi. Il Parlamento aveva chiesto questo punto per evitare eventuali triangolazioni da parte degli acquirenti che potrebbero avere o decidere di spostare la propria sede legale o centrale d’acquisto al di fuori dell’Unione, pur mantenendo la propria rete distributiva in Europa, per eludere tale Direttiva. Per garantire la confidenzialità delle denunce, e soprattutto dei denuncianti (spesso scoraggiati nel procedere dal cosiddetto ‘fear factor’, la paura di eventuali ritorsioni da parte dei propri clienti), viene difesa la confidenzialità del fornitore durante la procedura investigativa, non solo in merito alla sua identità, ma anche a tutte le altre informazioni che il fornitore stesso individua come sensibili. Sulla stessa linea, viene data la possibilità alle organizzazioni di fornitori e alle organizzazioni di rappresentanza di presentare denuncia all’autorità di contrasto a nome dei propri soci, garantendo ulteriormente l’anonimato del denunciante. Anche le organizzazioni non governative potranno sporgere una denuncia su richiesta di un fornitore.
OBBLIGHI E POTERI - Il fornitore potrà decidere a quale autorità di contrasto rivolgersi (e che sarà responsabile per l’indagine): se a quella del proprio Stato membro o a quella dello Stato membro dell’acquirente, di modo che possa essere scelta la legislazione nazionale più appropriata alle sue necessità. Oltre a rafforzare i poteri e le risorse per le autorità di contrasto nazionali previsti dalla proposta della Commissione, vengono inseriti anche alcuni obblighi minimi da un punto di vista sia temporale sia procedurale (obbligo di agire) per garantire il massimo di certezza giuridica. Ma anche per evitare quanto successo in alcuni Stati membri che, seppur dotati di legislazioni avanzate in materia, le hanno lasciate largamente inapplicate. In più, si prevede che queste autorità possano essere più di una, di modo da garantire una maggiore efficacia dell’attività di contrasto. Sono poi stati inseriti poteri rafforzati per le autorità di contrasto quali il potere di avviare provvedimenti provvisori e di effettuare ispezioni a sorpresa sul luogo nell’ambito di un’indagine. È stato inserito anche l’impegno da parte della Commissione di realizzare uno studio sugli effetti delle centrali di acquisto sul funzionamento della filiera agro-alimentare, che servirà come base della futura revisione della Direttiva.
STATI, AUTORITÀ EUROPEE E COOPERAZIONE - Viene rafforzata la cooperazione tra le autorità nazionali, che dovranno incontrarsi almeno una volta all’anno al fine di discutere le proprie buone pratiche, analizzare eventuali sviluppi di nuove UTPs nella filiera e, insieme alla Commissione, adottare raccomandazioni al fine di garantire un’applicazione della Direttiva il più omogenea possibile a livello UE. In più, la Commissione creerà un sito web tramite il quale si possano avere in modo chiaro tutte le informazioni necessarie in merito alle singole autorità di contrasto nazionali. Viene poi inserita la possibilità per gli Stati membri di promuovere meccanismi di mediazione tra le parti, al fine di facilitare la risoluzione delle controversie senza dover forzatamente ricorrere a una denuncia. Data la velocità con cui nuove pratiche commerciale potrebbe emergere, è stato inserito l’obbligo per la Commissione di valutare, entro quattro 4 anni, l’applicazione della Direttiva ed eventualmente di proporne una revisione.
LA NUOVA DIRETTIVA CONTRO LE PRATICHE SLEALI - Per garantire una protezione rafforzata ai fornitori, così come per le micro, piccole, medie e medio-grandi imprese, viene introdotto un approccio dinamico che espande notevolmente il numero di acquirenti vincolati dalla Direttiva. Si tratta di uno dei cambiamenti più significativi. La proposta della Commissione prevedeva infatti una protezione verso i soli acquirenti con fatturati superiori ai 50 milioni di euro. L’approccio dinamico, invece, suddivide tutti gli operatori nelle in 6 categorie di fatturato (da 0 a 2 milioni, da 2 a 10 milioni, da 10 a 50 milioni, da 50 a 150 milioni, da 150 a 350 milioni, da 350 milioni in poi): ogni fornitore sarà protetto nel caso in cui il proprio acquirente rientri in una classe di fatturato superiore. Questo risultato aumenta quindi di 7 volte la proposta iniziale della Commissione europea che fissava il limite massimo per la protezione dei fornitori a 50 milioni di fatturato.
DA 8 A 16 PRATICHE VIETATE - Viene aumentato in modo significativo il numero di pratiche sleali, con 8 ulteriori pratiche (6 sempre vietate e due cosiddette grigie) rispetto alle 8 iniziali proposte dalla Commissione. Queste sono:
- Il termine di pagamento a 60 giorni per i prodotti non deperibili;
- Il pagamento per servizi non resi;
- L’obbligatorietà di un contratto scritto se richiesto dal fornitore;
- Il divieto di abuso di informazioni confidenziali del fornitore da parte dell’acquirente;
- Il divieto di ritorsioni commerciali o anche solo la minaccia di ritorsioni nel caso in cui il fornitore si avvalga dei diritti garantiti da questa Direttiva;
- Il divieto di pagamento da parte del fornitore per la gestione dei reclami dei clienti non dovuti alla negligenza del fornitore stesso.
- il divieto di trasmettere al fornitore i costi di advertising, in aggiunta a quelli promozionali e di marketing proposti dalla Commissione;
- il pagamento per la gestione del prodotto una volta consegnato.
EQUITÀ E CONFIDENZIALITÀ - L’accordo migliora anche l’equità a livello globale. Oltre all’inclusione di fornitori stranieri, sono ora coperti anche gli acquirenti residenti in Paesi terzi. Il Parlamento aveva chiesto questo punto per evitare eventuali triangolazioni da parte degli acquirenti che potrebbero avere o decidere di spostare la propria sede legale o centrale d’acquisto al di fuori dell’Unione, pur mantenendo la propria rete distributiva in Europa, per eludere tale Direttiva. Per garantire la confidenzialità delle denunce, e soprattutto dei denuncianti (spesso scoraggiati nel procedere dal cosiddetto ‘fear factor’, la paura di eventuali ritorsioni da parte dei propri clienti), viene difesa la confidenzialità del fornitore durante la procedura investigativa, non solo in merito alla sua identità, ma anche a tutte le altre informazioni che il fornitore stesso individua come sensibili. Sulla stessa linea, viene data la possibilità alle organizzazioni di fornitori e alle organizzazioni di rappresentanza di presentare denuncia all’autorità di contrasto a nome dei propri soci, garantendo ulteriormente l’anonimato del denunciante. Anche le organizzazioni non governative potranno sporgere una denuncia su richiesta di un fornitore.
OBBLIGHI E POTERI - Il fornitore potrà decidere a quale autorità di contrasto rivolgersi (e che sarà responsabile per l’indagine): se a quella del proprio Stato membro o a quella dello Stato membro dell’acquirente, di modo che possa essere scelta la legislazione nazionale più appropriata alle sue necessità. Oltre a rafforzare i poteri e le risorse per le autorità di contrasto nazionali previsti dalla proposta della Commissione, vengono inseriti anche alcuni obblighi minimi da un punto di vista sia temporale sia procedurale (obbligo di agire) per garantire il massimo di certezza giuridica. Ma anche per evitare quanto successo in alcuni Stati membri che, seppur dotati di legislazioni avanzate in materia, le hanno lasciate largamente inapplicate. In più, si prevede che queste autorità possano essere più di una, di modo da garantire una maggiore efficacia dell’attività di contrasto. Sono poi stati inseriti poteri rafforzati per le autorità di contrasto quali il potere di avviare provvedimenti provvisori e di effettuare ispezioni a sorpresa sul luogo nell’ambito di un’indagine. È stato inserito anche l’impegno da parte della Commissione di realizzare uno studio sugli effetti delle centrali di acquisto sul funzionamento della filiera agro-alimentare, che servirà come base della futura revisione della Direttiva.
STATI, AUTORITÀ EUROPEE E COOPERAZIONE - Viene rafforzata la cooperazione tra le autorità nazionali, che dovranno incontrarsi almeno una volta all’anno al fine di discutere le proprie buone pratiche, analizzare eventuali sviluppi di nuove UTPs nella filiera e, insieme alla Commissione, adottare raccomandazioni al fine di garantire un’applicazione della Direttiva il più omogenea possibile a livello UE. In più, la Commissione creerà un sito web tramite il quale si possano avere in modo chiaro tutte le informazioni necessarie in merito alle singole autorità di contrasto nazionali. Viene poi inserita la possibilità per gli Stati membri di promuovere meccanismi di mediazione tra le parti, al fine di facilitare la risoluzione delle controversie senza dover forzatamente ricorrere a una denuncia. Data la velocità con cui nuove pratiche commerciale potrebbe emergere, è stato inserito l’obbligo per la Commissione di valutare, entro quattro 4 anni, l’applicazione della Direttiva ed eventualmente di proporne una revisione.