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CELIACHIA, TAGLI E DIBATTITI SUI PRODOTTI EROGABILI

Il Ministero della Salute ha aggiornato i limiti massimi di spesa per l’erogazione dei prodotti alimentari senza glutine ai soggetti affetti da celiachia.I tagli riguardano però anche alcune categorie di alimenti apprezzati dalla comunità dei celiaci. Tra dibattiti e azioni giudiziarie, questioni di ‘governance’ e concorrenza da affrontare a livello politico.   L’assistenza ai pazienti celiaci da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) si basa sul contributo alle spese da essi sostenute per l’acquisto degli alimenti ‘senza glutine, specificamente formulati per celiaci’ (o ‘senza glutine, specificamente formulati per persone intolleranti al glutine’). La dieta senza glutine è infatti l’unica cura disponibile per coloro che sono affetti da questa malattia sociale ed endemica. I quali hanno necessità di ricevere cibi che siano in grado di rispondere alle loro esigenze nutrizionali specifiche in ogni fase della vita, dalla prima infanzia alla tarda età.  I contributi all’acquisto dei citati prodotti da parte del SSN sono soggetti a un limite individuale di spesa, su base mensile, che il Ministero della Salute aggiorna periodicamente. In relazione alla fascia di età e al sesso dei pazienti, il contributo oggi oscilla da un minimo di 56€/mese (per i bambini tra i 6 mesi e i 5 anni) a un massimo di €124 (per i maschi in età 14-17). Le modalità di gestione dei buoni-spesa variano però da una Regione all’altra, a discapito degli utenti spesso costretti a riferirsi alle sole farmacie anziché ai supermercati. La revisione dei tetti di spesa risponde anzitutto all’esigenza di ridurre i costi di sanità pubblica. L’Italia rimane uno dei Paesi più generosi del pianeta su questa voce del bilancio sanitario, che ora interessa 198.000 persone. L’Associazione Italiana per la Celiachia, AIC, ha lavorato a fianco del Ministero della Salute per mantenere l’accesso ai prodotti sostitutivi di base, tenuto anche conto della diminuzione dei prezzi dei cibi ‘gluten free’. Il decreto del Ministero della Salute 10.8.18 – oltre ad abbassare i livelli del soglie di contributo pubblico (-19%) – ha introdotto tagli alle categorie dei prodotti soggetti a erogazione gratuita. Restringendo la rimborsabilità alle 5 categorie che seguono:

  1.  pane e affini, prodotti da forno salati,
  2. pasta e affini, pizza e affini, piatti pronti a base di pasta,
  3. preparati e basi pronte per dolci, pane, pasta, pizza e affini,
  4. prodotti da forno e altri prodotti dolciari,
  5. cereali per la prima colazione.
Sono stati eliminati dal Registro dei prodotti erogabili, di conseguenza, una serie di alimenti su cui l’ampia comunità dei celiaci ha finora potuto fare affidamento. Sebbene gli stessi fossero stati ‘specificamente formulati per celiaci’ e registrati in quanto tali. Con investimenti anche cospicui sia in ricerca e sviluppo, sia in promozione commerciale (ivi compresi i c.d. listing fee imposti dalla GDO) e pubblicità. Il percorso di revisione del decreto ministeriale e delle corrispondenti linee guida, se pure coordinato dal Ministero e da AIC, non ha coinvolto i moltissimi operatori (tra i quali numerose PMI) che nel corso degli anni si sono impegnati a formulare prodotti ad hoc rivolti a questa categoria di consumatori.  La consultazione si è invece limitata alle poche industrie che dominano questo profittevole segmento di mercato. Le quali già ad agosto scorso conoscevano le norme in divenire e hanno avuto possibilità di discuterle. Con inevitabili ripercussioni sulla concorrenza, poiché gli altri operatori hanno subito la ‘doccia fredda’ invernale di vedere i propri prodotti esclusi all’istante dal Registro, senza alcun preavviso né periodo transitorio. Le abitudini e aspettative di quel paio di centinaia di migliaia di celiaci interessati, del resto, non risultano essere state verificate in concreto mediante appositi sondaggi, online e offline, sul novero degli alimenti utili a comporre una dieta variata, oltreché sana ed equilibrata. Il percorso di revisione delle norme ha così, inevitabilmente, generato tensioni e dibattiti. In pratica, qualcuno ha deciso in segreto quali – tra i moltissimi alimenti ‘specificamente formulati per celiaci’, regolarmente notificati al Ministero – possono continuare a venire erogati gratuitamente ai celiaci. E quali invece no. E chi ha assunto tale decisione, secondo quali criteri? Non certo i 200mila celiaci che già hanno difficoltà a comprare i prodotti nei supermercati, ove costano molto meno che in farmacia. Oltre alla difficoltà/impossibilità di ricevere i rimborsi sui prodotti acquistati fuori della Regione di residenza. I prodotti impanati – come ‘hamburger (panino farcito), cotolette, nuggets di pollo, arancini e supplì’ – sono stati d’improvviso esclusi dall’erogazione. In quanto ‘non essenziali per la dieta del celiaco’, ad avviso di AIC. La quale, evidentemente, non ha consultato i celiaci siciliani né i produttori che a essi si rivolgono. Così il signor Giuseppe Glorioso della I.Ca. s.r.l. – azienda pionieristica, in Sicilia, nella ricerca e sviluppo e produzione di alimenti senza glutine – ha presentato ricorso al TAR del Lazio. Il TAR Lazio ha sospeso in via transitoria l’efficacia del Registro (come aggiornato il 24.10.18) e dei relativi atti, nella parte che attiene all’esclusione degli alimenti a base di carne dall’elenco dei prodotti erogabili, fino all’udienza camerale del 12.2.19. Nel corso di tale udienza, il Collegio giudicante esaminerà la relazione frattanto richiesta al Ministero della Salute, ‘nella quale vengano indicate le motivazioni (risultanti dalla istruttoria procedimentale) per le quali si è ritenuto di escludere gli alimenti a base di carne’. Il tema caldo, ben più degli arancini senza glutine, è la carenza di governance accennata nel precedente paragrafo. Una carenza che non è certo imputabile al Ministero della Salute e anzi si riscontra con ancor maggior frequenza in altri dicasteri, due su tutti Ambiente – eloquente il caso fanghi’ – e Agricoltura.  Spetta al Governo una riforma strutturale del modus operandi della Pubblica Amministrazione. A quasi trent’anni dall‘entrata in vigore della legge Bassanini si deve affermare il criterio della trasparenza degli atti amministrativi già a partire dalle varie fasi del loro sviluppo. Prevedendo la consultazione pubblica online di tutti gli stakeholder, vale a dire le parti sociali interessate, e l’effettiva considerazione delle istanze registrate. Come è uso della Commissione europea e di molte amministrazioni nazionali (Cina e USA su tutte).

Quanto al Registro dei prodotti erogabili, si deve trovare una soluzione idonea a garantire la reintroduzione immediata degli alimenti esclusi senza preavviso, fino a quando la riforma non sarà stata concertata pubblicamente. Senza trascurare il possibile interessamento dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM), in relazione ai risvolti del percorso finora adottato sia sulla competitività delle imprese coinvolte, sia sui diritti dei consumatori.
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