IL PUNTO SULLA PLASTICA: PRODUZIONE, LEGGI E DIVIETI
La Cina è il più grande produttore al mondo di rifiuti plastici da imballaggio, ma considerando la produzione pro-capite il primato passa a Stati Uniti, seguiti da Giappone e Unione Europea.
Questo è il contesto in cui si è tenuto a Ginevra il secondo incontro del gruppo di esperti su rifiuti marini e microplastiche, l’UNEP (United Nations Environment Programme, Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite) a cui è seguito un rapporto su leggi e normative adottate dai diversi Paesi per regolare la produzione, la vendita, l’uso e lo smaltimento delle materie plastiche monouso.
Gli autori sottolineano come “sacchetti di plastica, articoli monouso e microsfere rappresentano le tre importanti fonti di inquinamento”.
I sacchetti di plastica, identificati come il prodotto di consumo più diffuso al mondo, sono quelli più regolamentati: 127 paesi su 192 recensiti (66%) hanno stabilito delle norme. Pur esistendo notevoli diversità da Paese a Paese (divieti di produzione e distribuzione o tassazioni ai diversi livelli), la forma più comune di restrizione riguarda la distribuzione a titolo gratuito.
Altri prodotti problematici come le microsfere, registrano restrizioni solo in 8 Paesi su 192 valutati (ovvero il 4%, tra cui il Canada, la Francia, l’Italia e gli Stati Uniti d’America). Altri 4 Paesi (Belgio, Brasile, India e Irlanda) hanno emanato proposte di legge nazionali, mentre l’Unione europea ha avviato un processo per limitare l’aggiunta intenzionale di microsfere a diversi prodotti di consumo.
Le microsfere sono particelle di plastica di dimensione inferiore o uguale a 5 mm, aggiunte intenzionalmente ad alcuni prodotti di consumo (creme, dentifrici, prodotti per la pulizia, toner per stampanti, applicazioni medicali) e in diversi processi industriali come mezzi abrasivi.
Per i prodotti monouso in plastica, 27 Paesi stabiliscono qualche divieto su produzione, distribuzione, uso o vendita e importazione. Le zone insulari e i paesi costieri hanno generalmente leggi più rigide e specifiche, forse a causa di un turismo strettamente legato allo stato degli ecosistemi marini; si tratta infatti di ambienti soggetti a un’alta vulnerabilità ambientale e in cui gli effetti dell’inquinamento plastico sono più tangibili. I divieti però non si applicano a tutti i prodotti plastici usa e getta.
In 22 Paesi il divieto riguarda prodotti specifici o solo polimeri specifici, come il polistirolo, mentre in altri casi sono solo gli utilizzi a essere colpiti, per esempio, solo le stoviglie o i contenitori da asporto.
In pochi casi (solo due) vi sono Paesi che hanno stabilito restrizioni a livello di produzione, limitando lo spessore della plastica in articoli monouso o che richiedono una percentuale di materiale riciclato all’interno del prodotto finito. Al di là di queste differenze il più critico denominatore comune è rappresentato dalla mancanza di disposizioni precise per l’applicazione della legge: spesso non sono chiare le sanzioni e procedimenti a cui sarebbero soggetti i contravventori.
Questo è il contesto in cui si è tenuto a Ginevra il secondo incontro del gruppo di esperti su rifiuti marini e microplastiche, l’UNEP (United Nations Environment Programme, Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite) a cui è seguito un rapporto su leggi e normative adottate dai diversi Paesi per regolare la produzione, la vendita, l’uso e lo smaltimento delle materie plastiche monouso.
Gli autori sottolineano come “sacchetti di plastica, articoli monouso e microsfere rappresentano le tre importanti fonti di inquinamento”.
I sacchetti di plastica, identificati come il prodotto di consumo più diffuso al mondo, sono quelli più regolamentati: 127 paesi su 192 recensiti (66%) hanno stabilito delle norme. Pur esistendo notevoli diversità da Paese a Paese (divieti di produzione e distribuzione o tassazioni ai diversi livelli), la forma più comune di restrizione riguarda la distribuzione a titolo gratuito.
Altri prodotti problematici come le microsfere, registrano restrizioni solo in 8 Paesi su 192 valutati (ovvero il 4%, tra cui il Canada, la Francia, l’Italia e gli Stati Uniti d’America). Altri 4 Paesi (Belgio, Brasile, India e Irlanda) hanno emanato proposte di legge nazionali, mentre l’Unione europea ha avviato un processo per limitare l’aggiunta intenzionale di microsfere a diversi prodotti di consumo.
Le microsfere sono particelle di plastica di dimensione inferiore o uguale a 5 mm, aggiunte intenzionalmente ad alcuni prodotti di consumo (creme, dentifrici, prodotti per la pulizia, toner per stampanti, applicazioni medicali) e in diversi processi industriali come mezzi abrasivi.
Per i prodotti monouso in plastica, 27 Paesi stabiliscono qualche divieto su produzione, distribuzione, uso o vendita e importazione. Le zone insulari e i paesi costieri hanno generalmente leggi più rigide e specifiche, forse a causa di un turismo strettamente legato allo stato degli ecosistemi marini; si tratta infatti di ambienti soggetti a un’alta vulnerabilità ambientale e in cui gli effetti dell’inquinamento plastico sono più tangibili. I divieti però non si applicano a tutti i prodotti plastici usa e getta.
In 22 Paesi il divieto riguarda prodotti specifici o solo polimeri specifici, come il polistirolo, mentre in altri casi sono solo gli utilizzi a essere colpiti, per esempio, solo le stoviglie o i contenitori da asporto.
In pochi casi (solo due) vi sono Paesi che hanno stabilito restrizioni a livello di produzione, limitando lo spessore della plastica in articoli monouso o che richiedono una percentuale di materiale riciclato all’interno del prodotto finito. Al di là di queste differenze il più critico denominatore comune è rappresentato dalla mancanza di disposizioni precise per l’applicazione della legge: spesso non sono chiare le sanzioni e procedimenti a cui sarebbero soggetti i contravventori.